Il gip ha deciso con una camera di consiglio di circa un’ora e la soluzione è sembrata ragionevole a tutti, con la responsabilità amministrativa intesa come una sorta di responsabilità “oggettiva” e la contestazione a Costa scattata perché due degli indagati principali nel procedimento del naufragio erano due suoi dipendenti: l’ex comandante Francesco Schettino e il capo dell’unità di crisi, Roberto Ferrarini, con la compagnia che resta “parte lesa” nel procedimento la cui prima udienza preliminare si terrà lunedì 15 aprile, al Teatro Moderno di Grosseto.
Quindi la gip Valeria Montesarchio ha accolto la richiesta di patteggiamento della compagnia di navigazione, stabilendo una sanzione amministrativa di 1 milione di euro in relazione all’inchiesta sul naufragio della Costa Concordia, ancora coricata, dal 13 gennaio 2012, davanti alle coste dell’Isola del Giglio, con tempi di rimozione ancora non precisati anche se, a marzo scorso, sono riprese le trivellazioni sul fondale per fissare i pali si cui dovranno essere ancorate le sei piattaforme, tre piccole e tre grandi, per tirare su lo scafo.
Ed è attivo un portale per seguire in tempo reale le operazioni, mentre Legambiente esprime preoccupazione sul progetto, per il continuo protrarsi dei tempi il e il susseguirsi di problematiche non previste.
Ancora oggi non è ben chiaro dove sarà portata la nave e se, e quando, sarà rimossa definitivamente. Proprio per questo Legambiente ha consegnato a febbraio alle istituzioni coinvolte (ministro dell’Ambiente, capo Protezione Civile, presidente regione Toscana, osservatorio Concordia, presidente Provincia Grosseto e sindaco dell’Isola del Giglio), dieci domande sulle forti perplessità che nutre riguardo al progetto, affermando che c’è il concreto rischio che la nave “possa rimanere per sempre al Giglio”.
Passando ad un altro non meno spinoso argomento, il Papa, insediatosi sabato scorso a S. Giovanni come Vescovo di Roma, salutando all’udienza generale un gruppo di dipendenti dell’IDI, l’Istituto dermopatico dell’Immacolata, in crisi anche finanziaria, ha auspicato che “quanto prima si possa trovare una positiva soluzione in una situazione così difficile”.
Certamente l’inchiesta su l’Idi fa tremare la Santa Sede, con padre Franco Decaminada, ex delegato per la provincia italiana della congregazione, al centro , con altri dirigenti, delle indagini, considerato una delle menti delle truffe messe in atto in questi anni ai danni dell’Istituto che oggi è a un passo dal fallimento. Fra l’altro il religioso, che evidentemente amava le comodità, si era costruito una villa in Toscana; e proprio su questo aspetto tornavano ieri i concezionisti in un comunicato spiegando che “nessun religioso della Congregazione ha mai visto e utilizzato la villa in Toscana realizzata da padre Decaminada e che, peraltro, tale costruzione non è mai stata autorizzata dai superiori dell’Istituto religioso”.
Come spiegava Aldo Grasso sulla prima pagina del Corriere sabato, “Todo modo para buscar la voluntad divina”, cioè: con ogni mezzo per realizzare la volontà divina, è una frase di Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti, che indicava così la necessità di compiere gli esercizi spirituali. Poi “todo modo”, è diventato il titolo di un celebre libro di Leonardo Sciascia, una storia di fantapolitica, in cui un gruppo di maggiorenti democristiani – politici, del mondo della finanza e industriali – riuniti in un eremo deve praticare gli esercizi spirituali per chiedere perdono dei vari peccati commessi a cominciare dalla corruzione.
E appunto “Toto modo” è il nome che i magistrati hanno dato all’inchiesta sull’Idi, l’Istituto dermopatico dell’Immacolata e sull’ospedale San Carlo di Nancy sommersi dai debiti e dalle ruberie.
La questione è diventa nei mesi scorsi una patata bollente per il Vaticano anche perché i circa 1500 dipendenti rimasti senza stipendio, hanno manifestato in piazza San Pietro l’otto dicembre scorso – festa per l’appunto dell’Immacolata – ottenendo una citazione da parte del Papa (precedente ed ora emerito) all’Angelus.
Ancora altre spine, che stavolta emergono dal passato, dalla tragica fine della Moby Prince, che, dopo 22 anni , fa affiorare i fantasmi di navi militari americane in rada, l’ipotesi di un’esplosione a bordo del traghetto prima del disastro, addirittura il tentativo di rientrare in porto. Insomma, non ci sarebbe stato un errore umano della petroliera Agip Abruzzo, ufficialmente fuori dall’imbuto di accesso al porto, dove è proibito l’ancoraggio.
Oggi, il presidente del Senato Pietro Grasso, ha inviato al sindaco di Livorno un messaggio, dove si legge: “Come cittadino e come Presidente del Senato, rinnovo la mia vicinanza e il mio affetto alle famiglie colpite, esprimendo il mio più profondo cordoglio per quanti persero la vita in quell’incidente. Le istituzioni e la società civile hanno il dovere di rimanere al fianco di chi e’ stato colpito da questo tragico evento facendo chiarezza su quanto avvenuto. Il ricordo di ciascuna vittima può diventare memoria collettiva solo se la verità saprà accompagnare l’operato di chi ha il dovere accertare i fatti come realmente accaduti. la giustizia e’ l’unica forma di conforto per chi ha perso i propri cari in tragedie di così ampia portata”.
E subito Nichi Vendola twitta e scrive: “Il coraggio e la dignità dei familiari delle vittime del Moby Prince sono esempio e monito a non arrendersi di fronte alla verità negata. Non poter mai sapere fino in fondo la verità è malattia di questo Paese che getta ombre sulla nostra storia democratica”.
Nel giorno, poi, in cui anche il presidente del Senato Pietro Grasso chiede di avviare una commissione d’inchiesta sulle stragi irrisolte del nostro Paese, si apprende da i Manfredi Lucibello, giovane regista che da due anni lavora a Centoquaranta – La strage dimenticata, un film documentario prodotto da Roberto Ruini (Pulsemedia) in collaborazione con Toscana Film Commission in uscita a giugno prossimo che Il tribunale di Livorno non ha più le registrazioni audio del processo della Moby Prince, quelle che valgono a livello legale. Esistono le trascrizioni delle testimonianze ma non le registrazioni audio, ultima beffa di una strage dimenticata ma piena di morti: ben 140 persone.
Problemi spinosi anche in Cina, dove il governo di Pechino, pure elogiato dall’Organizzazione mondiale della sanità (per la trasparenza dimostrata nella gestione del contagio del nuovo ceppo H7N9 dell’influenza aviaria, ha effettuato una serie di arresti contro chi ha diffuso ”panico tra la cittadinanza e tramite internet”.
Almeno 12 persone sono detenute con l’accusa di aver diffuso notizie false su presunti casi di contaminazione da H7N9, che in Cina ha finora causato la morte di 9 persone e 31 casi di contagio accertati e, in un comunicato diffuso dalle autorità, si apprende che gli arresti sono stati effettuati nella città di Guiyang e nelle province dello Zhejiang, Jiangsu, Anhui, Fujian e Shaanxi.
E spine le vive anche l’America di Obama di fronte alla crisi che non si placa. Si può anche sostenere che Washington ha risanato le sue grandi banche spingendole a ricapitalizzarsi mentre in Europa restano più fragili, ma occorrerebbe guardare caso per caso a quante voci off balance, cioè non contabilizzate, restano fra i giganti di Wall Street, prima di arrivare a conclusioni affrettate.
Una recente analisi di uno dei massimi esperti, Frank Partnoy (insieme con Jesse Eisinger), conclude che le grandi banche Usa, oltre a essere ancora cresciute in dimensioni dopo il 2008, sono “più opache che mai”.
La sensazione diffusissima fra gli americani è di essere impantanati in una crisi senza fondo che ha colpito in particolare i bilanci pubblici e quelli delle famiglie, e tutti i dati lo confermano. Vanno assai meglio i bilanci delle imprese, che tuttavia seguono una linea di estrema prudenza e investono con circospezione.
Intanto, a Wall Street l’indice industriale Dow Jones ha inanellato record storici, e non solo, anche altri indici più onnicomprensivi sono vicini ai massimi. E il mercato immobiliare dà evidenti segni di ripresa. L’America cresce, sia pure da metà 2010 in modo deludente dopo un solo anno di buona ripresa (da metà 2009 a metà 2010), l’Europa assai meno. Il caso italiano, che ha peculiarità tutte sue, poi è fra i peggiori.
Ma la crisi è peggiore in Europa e soprattutto da noi, paese con la Bce che lo scorso 9 aprile ha dichiarato che in Italia i poveri sono giunti a 11 milioni e cotè più di un italiano su sei detiene un reddito pro-capite cosiddetto ‘equivalente’, che tiene conto della composizione della famiglia, inferiore a 8.500 euro, con un redito ‘mediano’ e’ di 16.917 euro, che e’ invece di 23.180 euro in Germania e di 18.444 euro a livello europeo.
La quota di poveri nell’area euro (identificati da un reddito equivalente inferiore alla mediana di ogni Paese) è del 13%, mentre in Italia è del 16,5%: un valore doppio rispetto alla Francia (8,9%) e superiore anche nel confronto con la Germania (13,4%).
Ed ancora una volta, il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, getta il suo grido d’allarme e dice che il tempo è ormai esaurito e, “sul piano sociale”, l’assenza di un governo e di una guida politica “non potrà proseguire a lungo senza portare a conclusioni violente”.
“Rischiamo di non agganciare una ripresa che, comunque, nella seconda parte dell’anno in Europa ci sarà”, ha aggiunto Squinzi rispondendo alla domanda su cosa il Paese ha perso finora per l’assenza di un governo, a margine della Fiera del Mobile “I Saloni” e a poi commentato in modo critico le modalità previste nel decreto legge per il rimborso alle imprese: “Non è quello che ci aspettavamo. Ci aspettavamo un po’ più di coraggio”, aggiungendo: “Se non tiriamo fuori il coraggio, il Paese continuerà a essere in grande difficoltà”.
E mentre Bersani continua a “conoscere le mascherine” e si prepara, senza convinzione al’incontro (domani o l’altro) con Berlusconi, in una intervista a Repubblica, l’eurodeputata Idv Sonia Alfano, che tiene i rapporti con gli eletti grillini, sono sempre più numerosi quelli che, ignorando le minacce ed i reprimenda di Grillo, vogliono dialogare con il Pd ed afferma che “ci sono persone che non vogliono la responsabilità di dire sempre dei no”.
Coraggio non è assenza di paura, dice Osho, in realtà è la “totale” presenza della paura, con il coraggio di affrontarla.
All’inizio non c’è molta differenza tra un uomo coraggioso e un codardo. L’unica differenza è che il codardo ascolta le proprie paure e le asseconda; invece l’uomo coraggioso mette da parte le proprie paure e va avanti, entra nell’ignoto, malgrado le proprie paure.
Come ha detto Napolitano, ci volle coraggio per quella scelta della solidarietà nazionale – specchio simmetrico per l’oggi – fatta “per senso di responsabilità nella grande crisi e svolta del 1976”, che si resse sulla “non sfiduci”, il sofisticato marchingegno politico per il quale, con l’astensione più che una neutralità s’indicava che i due storici partiti di massa cominciavano a parlarsi, a interagire.
Oggi, in questo roveto, ci vuole altrettanto coraggio, oltre ad una acuta intelligenza, che si nutra del coraggio di agire, senza partire da conclusioni (e preclusioni) a priori.
Carlo Di Stanislao
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