Ancora sangue sia in Afghanistan che Pakistan, proprio il giorno dopo il violento attacco costato la vita a due soldati nostri connazionali. Il primo, drammatico scenario è la città di Kabul, dove, questa mattina, c’è stato un attentato kamikaze, con un suicida che a bordo di una vettura è entrato in azione al passaggio dei mezzi della missione Isaf a poca distanza dal Parlamento. L’obiettivo del kamikaze era un convoglio della Nato. Nell’attentato sono morti almeno venti persone e si contano anche molte decine di feriti, pesumibilmente tutti civili. Fonti del ministero degli Interni riferiscono che l’esplosione è avvenuta nei pressi del ministero dell’Energia e dell’Acqua, nella parte occidentale della capitale. Un reporter dell’Associated Press ha detto di aver visto la carcassa di un autobus pubblico e quelle di quattro suv con il logo della Nato. In una conferenza stampa lampo, il Presidente, Hamid Karzai, appena tornato da una visita ufficiale negli Stati Uniti, ha dichiarato di condannare fermamente tale attentato, in cui i militari deceduti sarenbero fra cinque e sette, statunitensi e canadesi. I talebani hanno rivendicato l’attentato su internet. Il portavoce del gruppo, Dabihullah Mujahid, ha annunciato che il kamikaze entrato in azione oggi nella capitale afghana si chiamava Isamuddin ed era originario della zona di Qara Bagh, nella provincia di Kabul. Nelle stese ore in Pakistan, un altro kamikaze, con una autobomba, si e’ fatto esplodere in un posto di blocco alle porte di Peshawar e ha ucciso quattro persone, tra cui una donna e un religioso. L’attentato e’ stato compiuto a Pir Bala, villaggio sulla strada dalla capitale del Pakistan nordoccidentale verso il distretto di Mohmand, dove forte e’ la presenza talebana. l capo della polizia di Peshawar Liaquat Ali riferisce che il kamikaze si è fatto esplodere proprio nel momento in cui è stato fermato dal posto di blocco. La violenza dell’esplosione ha demolito il posto di polizia e danneggiato una casa e una moschea vicine. I feriti sono 11. In Pakistan cresce il sostegno protalebano di eminenti esponenti della società, come, ad esempio, il generale ed ex capo dell’Inter-Service Intelligence pachistano Hamid Gul, che da entusiasta sostenitore degli Usa si è trasformato ormai da tempo in paladino degli integralisti islamici. L’uomo che un tempo cercava di vendere a Rhyad materiale nucleare e missili a lunga gittata per rendere i sauditi indipendenti dagli americani e che pare che abbia portato Osama bin Laden a incontrare l’ex-premier Nawaz Sharif, teorizza adesso sul significato della democrazie e sulla sostanziale identità di vedute tra i principi dell’Islam, quelli del socialismo e gli slogan della rivoluzione francese. Inoltre, secondo lui ed altri alti esponenti pakistani, l’India non solo sta creando problemi al Pakistan, ma sta anche cercando in qualche modo di umiliare gli americani, di metterli al loro posto. E di vincere la partita strategica che si sta giocando nell’area. Dopo l’imbarazzante fallimento dell’operazione Marjah, Robert Gates è venuto qui in Pakistan ipotizzando un ritiro anticipato delle truppe statunitensi. E Hollbrook ha rincarato la dose, dichiarando che Al Qaida è ormai quasi scomparsa dal North Waziristan e che il governo Zardari ha fatto un ottimo lavoro. Non è un segreto per nessuno che Washington si sta preparando a un’onorevole ritirata, e questo manda in bestia gli indiani. Non soltanto perché non sono stati preventivamente consultati per molte faccende, ma anche per il sostegno dato alla Cina, con la visita a Pechino di Obama e la conseguente mancata visita a Delhi. Insomma, nell’asrera fra Afganistan e Pakistan, si gioca una dura, complessa partita e non è mai facile vedere non solo chi sta vincendo, ma se valga la pena continuare.
Carlo Di Stanislao
Lascia un commento