L’Aquila, dalle new town alla ghost town in cerca di un futuro. Intervista a Lilli Centofanti

L’Aquila dopo il devastante terremoto del 6 Aprile 2009 ha visto un’attenzione mediatica, e istituzionale, fortemente discontinua. Altissima negli anniversari, quando improvvisi moti di commozione(più o meno vera, più o meno presunta) e di retorica hanno raggiunti dei picchi, e quasi sempre silente negli altri mesi. Nelle ultime settimane (anche se solo parzialmente, e senza […]

L’Aquila dopo il devastante terremoto del 6 Aprile 2009 ha visto un’attenzione mediatica, e istituzionale, fortemente discontinua. Altissima negli anniversari, quando improvvisi moti di commozione(più o meno vera, più o meno presunta) e di retorica hanno raggiunti dei picchi, e quasi sempre silente negli altri mesi. Nelle ultime settimane (anche se solo parzialmente, e senza grandi “fari” nazionali) il destino sembra essere tornato al centro dell’attenzione, anche politica. Dopo 4 anni di vera e propria agonia, e di un senso di abbandono da parte dello Stato, la cronaca sembra dirci che la mancata ricostruzione è diventata una questione (o almeno si tenta) da affrontare. Ne abbiamo parlato con Liliana Centofanti, sorella di Davide (uno dei ragazzi morti nella Casa dello Studente). Riportiamo in questo articolo alcune delle riflessioni e la testimonianza che Lilli ci ha rilasciato.

Il sindaco Cialente nelle ultime settimane si è reso protagonista, anche con gesti eclatanti (come la riconsegna della fascia tricolore a Napolitano e l’ammainare le bandiere dalle sedi istituzionali), di una fortissima protesta nei confronti del Governo per richiedere lo stanziamento di fondi per la ricostruzione. Come è stato possibile che si sia arrivati solo oggi a questa situazione?

Cialente, nell’immediatezza del dopo terremoto, è apparso come mancante di “polso” e non adeguato alla gestione della terribile emergenza. Si è creata, quindi, una situazione che ci si è portati dietro fino ad oggi e che, complice l’assetto politico tanto nazionale quanto locale regionale però, non coinvolge solo Cialente. E’ apparso impossibile persino sgomberare “due strade in croce” dalle macerie. Una cosa assurda!
Per riprendersi dallo shock di quella notte ci vogliono anni, e probabilmente questa ripresa è avvenuta solo in parte. Mi ha fortemente colpito, in occasione della Rivolta delle Carriole del 9 maggio 2010, vedere lo stesso giorno sfilate pro Bertolaso e in difesa della Protezione Civile. Lungi da me entrare nel merito delle opinioni politiche altrui, ma credo che quanto avvenuto sia sotto gli occhi di tutti, dalle new town al vero e proprio “esperimento sociale” della Protezione Civile basato sul frammentare la popolazione: così è chiaro che i tempi di reazione si allungano. Quanto è accaduto in quei mesi del 2009 forse lo capiremo solo tra tantissimi anni, gli aquilani rimasti sono stati terrorizzati e trattati come “sovversivi”. Eppure non chiedevano altro che il rispetto della loro dignità. Vedere militari e carabinieri in tenuta anti-sommossa nelle tendopoli e in città è stato incomprensibile. Il racconto di quei giorni egregiamente riportato nel libro “L’Aquila non è Kabul”.

Come vedi oggi la situazione in città?

Capire cosa accadrà è difficilissimo. Certamente oggi demoralizza vedere l’indifferenza di molti alle sorti della città, ripiegati sulla ricostruzione delle proprie vite personali. E colpisce il silenzio che si percepisce in città, è un silenzio che schiaffeggia.

E il futuro?

Sono tante le domande sul futuro. Come è possibile (come leggiamo anche dalla cronaca di questi giorni) che i fondi non sono stati ancora sbloccati? Fino a stamattina leggevo sui quotidiani del balletto di cifre. Ma dove sono i fondi raccolti dalla Protezione Civile, i milioni di euro raccolti nelle settimane dopo il 6 Aprile? Io sono studentessa di Architettura, i nostri ingegneri sono famosi nel mondo, all’estero sono considerati tra i migliori. Perché in Italia non riescono? Ci sono dei “meccanismi a sistema” e una cultura profondamente sbagliati. Non bisogna considerare importante solo la casa che crolla, ma soprattutto la vita, il vissuto, che viene cancellato. A L’Aquila invece si è giocato con la morte, riducendo tutto a “normali cifre di bilancio”.

Anche recentemente c’è stato chi ha posto l’accento sulla “ricostruzione sociale”, di cui non sembra si voglia tener conto. Mentre per quella materiale si è arrivati a parlare di 20, 30, addirittura 50 anni.

Se la città sarà ricostruita e gli aquilani torneranno nelle loro case, comunque ci sarà uno “strappo generazionale”, un enorme buco nel vissuto e nella storia. Si parla di una ricostruzione fra 20, 30 anni. Se ciò avverrà ci saranno generazioni intere che probabilmente saranno morte. E altre che entreranno solo adulte a L’Aquila, avendo vissuto l’infanzia e l’adolescenza lontano. Avrà sicuramente colpito la “rivolta delle chiavi”, forse saranno apparsi anche dei pazzi a chi vede dall’esterno cosa è accaduto, ma sfido chiunque ad essere costretti fuori casa e, se riesce a rientrare (comunque per poche ore), a trovare la propria casa depredata e saccheggiata.

Si è parlato molto anche della Diocesi, dal contrasto tra Molinari e il “popolo delle carriole” alle inchieste che l’hanno coinvolta. Qual è stato il rapporto tra la Curia e la Città?

Totalmente assente. E’ apparsa come estranea, escluse le grandi passerelle istituzionali e mediatiche, non c’è mai stata.

Tuo fratello Davide è morto sotto le macerie della Casa dello Studente, un palazzo che si è poi scoperto fortemente carente dal punto di vista strutturale, e su cui gli studenti avevano già lanciato allarmi. Ve ne aveva mai parlato? Vi aveva mai comunicato timori?

Davide con me personalmente non ne aveva mai parlato. Ma si conosceva benissimo la situazione della Casa dello Studente, la struttura era traballante e mancava persino la scala antincendio. Dopo la prima scossa (la sera del 5 Aprile) Davide chiamò a casa, erano fuggiti tutti fuori terrorizzati. Furono rassicurati e convinti a rientrare,anche perché una settimana prima un architetto aveva effettuato dei controlli e aveva affermato che non c’era motivo di preoccupazione.

Insieme alle famiglie di altri ragazzi morti nella Casa dello Studente avete fondato il “Comitato familiari Vittime della Casa dello Studente”.

Dopo il terremoto ci siamo ritrovati a L’Aquila, uniti nel dolore e nel cercare di capire. E anche su questo abbiamo visto l’inadeguatezza dello Stato e delle sue strutture di cui parlavo all’inizio. Ci siam chiesti varie volte in quelle settimane “dov’è lo Stato?”. Siamo stati completamente abbandonati per 72 ore dall’incapacità ad ogni cosa. Solo dopo le nostre vibranti proteste ci hanno portato del cibo. In sacchi della spazzatura… Anche l’Università, a conoscenza delle gravi carenze della sua stessa struttura d’Ingegneria a Roio, che di fatto quella notte crollò (ciò vuol dire che mio fratello se non fosse morto alla Casa dello Studente, molto probabilmente sarebbe morto proprio a lezione se la scossa fosse arrivata di giorno), ci ha offerto la Laurea post- mortem… per uno studente al primo anno? L’abbiamo presa più come uno schiaffo al dolore che come un atto di riconoscimento dei meriti.

Il Comitato è una delle parti civili del processo per il crollo della Casa dello Studente. Qual è la situazione? Cosa prevedi?

Sono fortemente disillusa sul processo, perplessa. Le richieste di pene appaiono basse rispetto alla gravità delle accuse. Possibile che siano stati chiesti 4 anni, come fatto a Berlusconi per evasione fiscale? Possibile che la vita di diversi ragazzi sia uguale all’evasione fiscale?

La Casa dello Studente è diventata uno dei simboli della tragedia aquilana. Alcune settimane fa è uscita la notizia della proposta di demolirla. Il Comitato ha invece proposto di farne un Museo della Memoria. Ce ne parli?

Non è la prima volta che viene fatta questa proposta. Due anni fa c’era stata addirittura l’idea di abbatterla per costruire un parcheggio. In quell’occasione scrissi anche una lettera al Commissario ADSU(Azienda per il diritto agli Studi Universitari). Sicuramente la messa in sicurezza della struttura serve. La si faccia, ma la Casa dello Studente deve rimanere, come monito perenne. Colpisce questo ripetuto tentativo di abbatterla. Non ci si vuol rendere conto (o forse è proprio quello l’obiettivo) che toglierla dagli occhi significherà toglierla dal cuore, dimenticarla.

Alessio Di Florio

La lettera di Lilli indirizzata al Commissario ADSU nel febbraio 2011 a cui si fa riferimento nell’intervista

Il momento in cui di fatto si riprende la propria vita in mano, dopo aver esperito il vuoto ed averlo faticosamente assimilato, il volerla ricomporre, cesellandola, stavolta senza farsi scappare niente, perché è si avverte che quella sarà l’unica occasione per farlo ha un non so cosa di magico.

Sembra quasi di ripartire dalla notte dei tempi, in cui cerchi e trovi altri simili ed inizi quasi ad annusarli per convincerti che si è ancora tutti lì e che in fondo non ci si è mai persi. Non è vero, mancano in molti all’appello e non torneranno più. Se li è presi la notte, dicono. Non ci sarà alcuna magia.

C’è stato un tempo in cui la nebbia non ci permetteva neanche di indovinare la nostra stessa fisionomia.

Poi è arrivata la pioggia: non abbiamo avuto scelta, l’acqua è penetrata ovunque e ci siam bagnati.

E tuttora i nostri vestiti sono umidi, scoloriti e strappati… E noi con loro.

Ecco sig. D’Ascanio, noi vorremmo poterci asciugare dopo tanto tempo, perché quei vestiti non riacquisteranno mai il loro colore, perché questo dolore è ormai un reumatismo che ci perfora le ossa e non c’è alcuna possibilità di guarigione.

Quel che è certo è gli strappi si possono ricucire, forse anche quelli più difficili, ma per farlo occorre il filo migliore.

E NON E’ DI CERTO UN PARCHEGGIO.

E’ un filo fatto di rispetto, di coerenza, di buon senso, di memoria.

Ecco l’ho scritto: Memoria.

La Memoria sig. D’Ascanio, non è fatta di targhe, né di piazze se dietro quelle scritte c’è il nulla e questo lei dovrebbe saperlo meglio di me, lei che è Commissario di un’Azienda per il Diritto agli Studi Universitari, preposta a garantirci la possibilità di conseguire una Laurea, con tutto il corollario di condizioni che, frequentare corsi e sostenere esami, essa comporta.

Anche la laurea finirà un giorno incorniciata ed “affissa” ad una parete, diverrà una targa che ognuno di noi guarderà, senza soffermarsi più a leggerne le parole, bensì a rievocare momenti di vita fondamentali.

Ebbene: quei nomi che lei desidera scolpire in quella targa commemorativa, non avranno alcuna possibilità di affiggere alle loro pareti targhe personali, tanto sofferte.

Ed inoltre voglio ricordarle che proprio nel luogo in cui s’intende realizzare il Parcheggio, sono stati rinvenuti i corpi esanimi di otto ragazzi, tra i quali mio fratello, che tutto si sarebbero aspettati dalla vita, tranne che di dare il nome ad una piazza…

Vorrei soffermarmi su un altro aspetto: il piano seminterrato, effettivamente realizzato e mai previsto nel progetto, è una delle CAUSE DEL CROLLO DELLO STABILE.

Come s’intende agire? Gettando catrame alla rinfusa o, come il buon senso vorrebbe e la legge impone, riprogettando il complesso secondo norme antisismiche da tempo sancite, veramente condivise e saltuariamente applicate? Quante altre piazze della memoria e Case dello Studente dovranno essere costruite senza osservare regole che oltre a garantire, in questo caso il Diritto allo Studio, salvaguardano la vita di chi le abita?

Anche la Vita è un Diritto, non conculcabile: sono concetti nuovi per lei questi?

No, sig. D’Ascanio: noi i nostri ricordi non possiamo “parcheggiarli”, perché equivarrebbe ad affermare che i nostri cari non sono mai esistiti.

Vorremmo che a L’Aquila un giorno si riaccendessero le luci nelle case, tornassero le voci a sconfiggere il silenzio ed i boccali a brillare sotto i lampioni, che si facesse a palle di neve nelle piazze e gli orologi dei campanili tornassero a scandire ore di vita e non di morte.

Ma per avere Luoghi della Memoria, c’è un indispensabile bisogno che IN CITTA’ ci sia qualcuno a ricordare e finora purtroppo L’Aquila stessa è un ricordo.

Cominciamo con il ricostruire, restituendo agli abitanti ed agli studenti la loro vita, poi verrà anche il tempo per la Memoria, ma sarà un’esigenza collettiva, non soltanto una voce aggiuntiva all’elenco delle spese di bilancio.

Liliana Centofanti

Sorella di Davide, 19 anni

Deceduto alla Casa dello Studente

Il 6 aprile 2009

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