”Non credo si debba e si possa valutare l’intelligenza e la decenza di una donna dalla lunghezza dei vestiti o da quante parole dica. Bisogna andare oltre le apparenze. E non è certo Miss Italia il problema”. Martina Colombari, che fu la più d’Italia nel 1991 a soli 16 anni, deve molto al concorso che dopo la cancellazione nelle settimane scorse dai palinsesti della Rai e le parole dure espresse dalla presidente Rai Annamaria Tarantola, oggi è stato attaccato anche dalla presidente della Camera Laura Boldrini che ha spiegato di ritenere ”una scelta moderna e civile” quella di rinunciare alla messa in onda della kermesse.
”Io devo tutta la mia carriera a Miss Italia – sottolinea una battagliera Colombari all’ANSA -. E’ un concorso serissimo e quando ho partecipato più di venti anni fa, era uno dei pochi modi per entrare nel mondo dello spettacolo, di intraprendere la carriera di modella o di attrice. Certo è che era una trasmissione un po’ vecchia e andava rinnovata. I giovani ormai sono tecnologici, sono su Facebook, su Twitter, viaggiano ad altre velocità. Bisogna quindi anche modernizzare il concorso. Pensare, però, che Miss Italia non ci sia più è un peccato, fa parte della nostra tradizione”.
Giudicare le donne solo per come appaiono è per Martina Colombari un limite. ”Più che a Miss Italia, bisognerebbe guardare ai tanti talent show, senza però dimenticare che spesso ci sono ragazze laureate e preparate”.
”Io non mi sono mai sentita la ciliegina sulla torta, ero e sono una bella ragazza, ma non sono mai caduta in strani tranelli o cene equivoche di cui tanto si sente parlare ultimamente – aggiunge ancora l’ex modella ora attrice -. Non sono mai andata in nessuna villa di nessun potente e non sono finita sotto la scrivania di nessuno. Ho detto tanti no. E oggi sono fiera di quello che ho fatto e di quello che mi ha dato Miss Italia. Sono cresciuta, sono diventata mamma e moglie. E quando lavoro, se indosso gonne cortissime, scollature vertiginose ed extension come a teatro per La Febbre del Sabato sera, non per questo mi devo vergognare o sentire meno perbene. Invece di giudicare l’apparenza, bisognerebbe ridare valore alla qualità e non alla quantità, premiare di più chi lo merita”.
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