Anche la cometa McNaught, che tra il 15 e il 16 giugno transiterà nel punto più vicino alla Terra (1,13 u.a.) ed è già ben visibile dall’Italia, ha un passaporto straniero. Non arriva cioè dai confini del nostro Sistema Solare, come finora ritenuto, ma da altri sistemi planetari. Ha attraversato il cielo di pianeti sconosciuti molto prima di venire a farci visita. Così come la maggior parte delle comete che sono state avvistate fino a oggi, compresa la celebre Halley. Nove su dieci, hanno calcolato i ricercatori del Southwest Research Institute di Boulder, in Colorado, ha un passato lontanissimo. Solo una minoranza sarebbe nata nella zona al confine del Sistema Solare chiamata Nube di Oort, che è sempre stata considerata la culla delle comete. La teoria, rivoluzionaria, è stata messa a punto da un gruppo internazionale che comprende i maggiori esperti mondiali in questo campo. Secondo la teoria, basata su simulazioni al computer e calcoli che considerano le perturbazioni delle orbite planetarie, le comete che oggi circolano nel nostro Sistema Solare sono nate nell’ammasso di stelle che è stato anche la “culla” del Sole. Poi attorno a ciascuna stella si è formato il disco di polveri che ha dato origine ai pianeti. Tra questi ultimi, i più grandi hanno scalciato via le comete, che hanno cominciato a disperdersi e distribuirsi in tutti i sistemi planetari generati nell’ammasso. Si apre così uno scenario davvero suggestivo perché secondo la “teoria della contaminazione” le comete hanno portato sulla Terra acqua e molecole organiche alla base della vita. Di conseguenza non solo il nostro Sistema Solare, ma nell’intera galassia l’alfabeto alla base della vita potrebbe essere lo stesso.
INAF
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