L’amministratore delegato di BP Tony Hayward affronterà oggi l’ira dei parlamentari statunitensi, mentre intanto una funzionaria che indaga sulla fuoriuscita di petrolio si prepara a criticare le regole dell’inchiesta condotta da Washington nel Golfo del Messico, che ha definito “timida”. Ieri la BP, prima dell’incontro con Obama, aveva reso noto di aver raggiunto un accordo relativo ad un pacchetto di misure volte a risarcire le vittime dell’affondamento della piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico. In base all’accordo nei prossimi 3 anni e mezzo BP istituirà un fondo da 20 miliardi di dollari. I primi pagamenti saranno fatti da BP nel terzo trimestre del 2010 per 3 miliardi di dollari e successivamente nel quarto trimestre per 2 miliardi di dollari. Successivamente BP verserà pagamenti per 1,25 miliardi di dollari ogni trimestre fino alla somma totale di 20 miliardi di dollari. A garanzia del fondo saranno utilizzati asset di BP per una somma pari al valore dello stesso. Il fondo sarà gestito dal legale Kenneth Feinberg. Ma, si chiedono da “La Repubblica”, come farà BP a finanziare il Fondo? Saranno i suoi azionisti a pagare il prezzo di scelte, forse, azzardate. La compagnia ha infatti annunciato la mancata distribuzione del dividendo annuale, che porterà nelle casse del fondo di emergenza almeno 10 miliardi di dollari. Il resto sarà reperito attraverso il taglio degli investimenti nella perforazione e la vendita di alcuni assets nel petrolio e nel gas. Intanto, scrive Reuters, la rabbia dell’opinione pubblica sulla gestione del disastro, a 59 giorni dal suo inizio, non naccenna a diminuire, soprattutto sul lato americano del Golfo, dove la marea di petrolio si è riversata sulle coste, minacciando la pesca e il turismo e provocando la morte di uccelli e animali marini. Obama è alle strette ed in difficoltà evidente. Anche l’inchiesta del governo sulla perdita, che viene condotta dalla Guardia Costiera e dal Servizio di Gestione Minerali del Dipartimento dell’Interno (Mms) verrà messa sotto esame oggi a Capitol Hill, con la testimonianza dell’ispettrice generale Mary Kendall davanti a una commissione della Camera. Oggi, per placare gli animi, la Bp ha comunicato che pare funzionare come previsto il nuovo sistema messo a punto per eliminare petrolio dal Golfo del Messico, ma i dubbi sulla verità di queste parole restano e non convinti sono, secondo i sondaggi, la più parte dei 32 milioni di americani che hanno ascoltato ieri Obama, in tv, attaccare ancora la multinazionale. Ci chidiamo, a questo punto, che il contatto durante il G8 con il nostro leader, abbia contagiato il Presidente USA, convertendolo in “tutte chiacchiere e nessun fatto”? Per qual che vale, la nostra esperienza (aiuti promessi e mai arravati) i sospetti sono davvero forti ed incresciosi. Sarà vero che si ritrovi con molti guai non per sua volontà (Iraq, Afganistan, Striscia di Gaza, crollo economico e disoccupazione), ma le scelte sin’ora fatte non sono molto liberal e ricalcano troppo quelle solite americane. Troppo poco per uno che voleva cambiare le regole ed invece gioca con le stesse su tutti i tavoli. Tornando alla marea nera, ha ragione “il Corriere”: questa battaglia sembra senza fine. Ieri, un incendio provocato da un fulmine su uno dei battelli che partecipano alle operazioni di pompaggio (il “Discover Enterprise”) ha nuovamente obbligato la Bp a interrompere le operazioni, riprese poi dopo cinque ore di stop. L’incendio potrebbe provocare ritardi nell’avvio di un secondo sistema di contenimento con cui Bp dovrebbe poter aumentare le sue capacità di risucchio del greggio. Intanto esperti del governo federale comunicano altri numeri del disastro senza fine: la perdita di Bp è di un massimo di 35-60 mila barili di greggio al giorno (Bp ne cattura circa 15 mila). Al momento sono diciassette i Paesi che hanno offerto il proprio contributo agli Stati Uniti. Lo ha annunciato il dipartimento di Stato Usa, che ha reso noto l’elenco dei Paesi contributori: Corea del Sud, Croazia, Francia, Germania, Irlanda, Giappone, Paesi Bassi, Norvegia, Romania, Russia, Svezia, Emirati Arabi Uniti, Regno Unito, Vietnam Spagna, Canada e Messico. Assente, neanche a dirlo , l’Italia, forse perché Bertolaso non è stato interpellato o, adesso, ha altre gatte da pelare.
Carlo Di Stanislao
Lascia un commento