ANPI Pescara ricorda gli abruzzesi della Brigata Maiella

Settant’anni fa, intorno al 5 dicembre 1943, si radunarono a Casoli (in provincia di Chieti, sotto la Majella orientale), i primi nuclei della formazione partigiana abruzzese detta “Banda patrioti della Majella”, poi divenuta famosa in tutta Italia con il nome di “Brigata Majella” durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo tra 1943 e 1945. Gli […]

brigataSettant’anni fa, intorno al 5 dicembre 1943, si radunarono a Casoli (in provincia di Chieti, sotto la Majella orientale), i primi nuclei della formazione partigiana abruzzese detta “Banda patrioti della Majella”, poi divenuta famosa in tutta Italia con il nome di “Brigata Majella” durante la guerra di Liberazione dal nazifascismo tra 1943 e 1945. Gli abruzzesi che ne fecero parte, al comando di Ettore Troilo, non si limitarono a lottare e morire per la libertà italiana nelle proprie terre d’origine (come accadde alla gran parte delle organizzazioni resistenziali nel centro-nord della penisola), ma scelsero invece di continuare a combattere oltre i confini dell’Abruzzo, all’indomani del passaggio del fronte. Risalendo il territorio italiano attraverso Lazio, Marche, Romagna, Emilia e Veneto, essi rimasero pertanto al fronte fino alla Liberazione della primavera 1945. Da un certo punto in poi aggregata all’VIII Armata britannica, la Brigata Majella portò i suoi uomini a scrivere pagine straordinarie in vari centri delle Marche o nella romagnola Brisighella, ad entrare tra i primi in grandi città liberate, come Pesaro o Bologna, i cui abitanti sentirono un sorprendente accento abruzzese parlato dai propri liberatori. La formazione abruzzese raggiunse un totale di mille e cinquecento effettivi; contò quasi trecento tra caduti, feriti e prigionieri; venne decorata di medaglia d’oro al valore militare, caso unico tra i gruppi della Resistenza italiana. In mezzo al degrado etico-civile che ci circonda da troppi anni, in giorni nei quali raccogliamo le macerie fisiche e morali di decenni di scempio del territorio nel nome di interessi e profitti privatistici che prevalgono sul bene pubblico, ecco finalmente, per noi abruzzesi, un bell’esempio di cui andare fieri.

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