Come angeli ribelli caduti dal cielo oggi piovono, in Italia e a L’Aquila, schiere di eroi negativi. La parola magica che potrebbe sciogliere il maleficio della loro presenza sembra del tutto sconosciuta. La storia aquilana di oggi narra di una città che all’indomani del sisma ha scoperto di aver offuscato gran parte dei caratteri dell’umano, assumendo quelli repellenti di un enorme insetto. La metafora rimanda a Kafka e, accompagnandosi a quella degli eroi negativi, aggredisce il cittadino con preoccupante immediatezza, facendogli percepire l’appartenenza ad un corpo sociale che registra al suo interno sensazioni dolorose e maldestri movimenti: uno stadio della metamorfosi che colloca la città in un sfera amorfa e inarticolata, espressione di un potere che usa il linguaggio come strumento di sudditanza e di subordinazione.
Quali le cause primarie di tale metamorfosi e dell’inquietante insorgenza di suddetti eroi?
Gli eroi, quelli positivi, sono indispensabili ad ogni comunità perché alimentano le relazioni e i rapporti significanti. Essi riavvicinano le generazioni e la memoria condivisa di una collettività, il desidero di futuro e l’amore per il passato. La loro assenza si traduce in un progressivo manifestarsi “dell’animale”, che invade e avvelena la sfera umana dell’urbano. Quando vengono a mancare, oppure quando vengono emarginati e intorno ad essi si crea un silenzio sfiorato appena da un velo di retorica, sorgono gli avversi sostituti. I popoli li adottano clandestinamente, oppure ripiegano sui surrogati, magari fabbricati con “materiali scadenti”. L’eroismo oggi è considerato fuori luogo e fuori tempo. L’eroe urta con entrambi perché rifiuta gli attuali standard ed agisce in modo eccezionale; rinuncia al “pensiero unico” fondato sull’utile e mette a repentaglio, in un atto di assoluta gratuità, il suo bene più prezioso, la vita, sconvolgendo così le categorie sulle quali è fondata questa società mercantile e di mercenari. L’eroe evoca l’avventura e il sogno, più che l’investimento ed il calcolo; mette in gioco se stesso e non proietta la sua vita nella merce o nel consumo. Richiama alla memoria attaccamenti più importanti dei contratti sociali e del profitto. Mette in discussione l’idea che la vita sia il bene più importante da tutelare ad ogni costo, perché crede che quando è in gioco la “dignità della vita”, è necessario spingersi a osare. Cosa distingue un eroe dal suo rovescio? Il primo si sacrifica per costruire, custodire, salvare; l’altro si accalora per demolire, condannare. L’eroe agisce nel nome del comune sentire, il suo opposto si adopera per violarlo, calpestarlo. Quando in una città o in un Paese vengono disattivate le riserve di eroismo e si smorzano le luci sugli eroi, si avvia quel processo di metamorfosi che porta all’insorgenza di eroi negativi: la società civile e le istituzioni si incupiscono e si rattrappiscono in una vile e venale mediocrità e il potenziale inespresso di eroismo si accumula e si esprime in forme e in luoghi incolti, deflagrando furiosamente.
Giancarlo De Amicis
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