Curitiba è una bella e amena città, capitale dello stato del Paranà, posta a 934 metri d’altitudine sul grande altopiano, ad un centinaio di chilometri dalla costa sull’Atlantico. Con quasi 1.850.000 abitanti è l’ottava città più popolata del Brasile e una delle più grandi della regione meridionale, raggiungendo con le 26 municipalità dell’area metropolitana una popolazione totale di circa 3.175.000 abitanti. Considerata la capitale con la migliore qualità della vita di tutto il Brasile, ha un polo industriale di tutto rispetto con produzioni assai diversificate, che ha determinato un forte sviluppo, tale da collocarla nel top delle città più economicamente avanzate dell’America Latina, in un’invidiabile quarta posizione. Alla posizione di rilievo in campo industriale, cui s’associa il settore agricolo specie nella produzione di caffè, si aggiunge un riconoscimento prestigioso, giacché da alcuni anni Curitiba è stimata come la città con la migliore qualità della vita di tutto il Brasile.
Fondata verso la fine del Seicento da coloni portoghesi, collegata con altre città specie sulla costa, Curitiba diventò presto un importante centro commerciale e poi industriale. Nel 1853 le venne riconosciuto il ruolo di capitale della provincia del Paranà e da quel momento la città conobbe una crescita vigorosa e costante, sebbene ordinata e senza convulsioni, grazie all’arrivo, specie nella seconda metà dell’Ottocento, di un consistente flusso d’immigrati dall’Europa, per la maggior parte tedeschi, italiani, polacchi e ucraini, che contribuì a renderla città culturalmente eterogenea, vivace e cosmopolita. Ragguardevole fu l’immigrazione italiana, a Curitiba e nel Paranà, come pure negli altri due stati del Sud, con punte immigratorie dal Veneto e dal Lazio, significative anche rispetto alla fenomenale immigrazione italiana a San Paolo e dintorni, che oggi distingue quella città come “la più grande città italiana”, essendo metà della popolazione di origine e discendenza italiana. Bene annota il fenomeno in un suo volume (Italiani nel paese verde-oro, Tau Editrice, 2013) un’attenta studiosa della Fondazione Migrantes, Delfina Licata, sottolineando peraltro come il Brasile oggi conti, in cifra assoluta, il maggior numero di oriundi italiani: ben 25 milioni.
Nel corso della sua storia recente Curitiba ha sperimentato con saggezza diversi piani urbanistici, mettendo in atto norme rigorose per contenere la crescita incontrollata della città, al punto da divenire famosa in tutto il mondo per le sue scelte innovative e per la cura dell’ambiente urbano. È inoltre la città con i più alti indici educativi del Brasile, vantando infatti bassissimi tassi d’analfabetismo ed un’alta qualità dell’istruzione. Ospita peraltro l’Università Federale del Paranà, fondata nel 1912 e ritenuta la prima università del Brasile. Nel 2010 è stata premiata come la città più ecosostenibile del mondo ai Globe Sustainable City Award, prestigioso riconoscimento per quelle città che si distinguono per il loro sviluppo urbano ecosostenibile. È infatti la “capitale” ecologica del Brasile, grazie ai 55 metri quadrati di area verde per abitante e all’efficiente rete di trasporti metropolitani. Qui è stata ideata negli anni Settanta del secolo scorso la prima isola pedonale del mondo. Curitiba rappresenta dunque un esempio vivente di città pulita ed ecosostenibile. Infatti, come in un vero e proprio laboratorio urbano, a Curitiba è stato testato un nuovo stile di vita non pianificato dall’alto, ma confrontato e condiviso con tutte le parti sociali, applicando la filosofia di sviluppo urbano che fu propugnata dal sindaco Jaime Lerner, architetto ed urbanista.
Fatta la necessaria premessa sulla storia civica, la città è davvero assai vivace. Va qui con orgoglio richiamato il ruolo sociale ed economico che in Curitiba la comunità italiana da sempre interpreta, particolarmente nella vita culturale. Una dimensione ragguardevole che la vede a livelli di prestigio e di forte apprezzamento nella pubblica opinione e da parte delle istituzioni. Tanto che naturale è stata l’ambizione di organizzare una vetrina tutta italiana che consentisse alla metropoli e all’intero stato del Paranà di apprezzare la cultura, lo stile, il gusto, la raffinatezza e le eccellenze dell’Italia. Da queste considerazioni è nata l’idea di realizzare un evento che mettesse in mostra il meglio dell’Italia, capace di rafforzare il già solido legame tra il Brasile e l’Italia, tra le culture dei due Paesi. E’ nato così il progetto “Mia cara Curitiba”, sulla spinta delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, che già dalla prima edizione realizzata nel 2013 ha visto collaborare strettamente il Consolato Generale d’Italia, la Municipalità di Curitiba, l’istituto turistico comunale e Canal mkt.
Cosicché, sulla brillante esperienza fatta della prima edizione, è stata organizzata ed è felicemente in corso la seconda edizione, con una ventaglio di eventi che dal 24 maggio si estende fino al 1° giugno 2014. Musica, teatro, mostre di fotografia e di arte figurative, seminari, rassegne cinematografiche, danza e gastronomia tra le attrazioni, e persino una cavalcata in bicicletta per le vie della città nell’ampio programma degli eventi. Una risposta efficace al proposito d’illustrare l’Italia, la cui cultura da sempre influenza sensibilmente il costume e l’indole della capitale paranaense, così presente nella quotidianità più di quanto possa essere immaginabile. Si respira cultura italiana, quindi, con “Mia cara Curitiba”. Tutto il programma artistico dell’edizione 2014 è gratuito, realizzato con il concorso dell’Ambasciata d’Italia in Brasile e del Consolato Generale in Curitiba, con il sostegno del Ministero della Cultura del Brasile, integrato nel contesto delle iniziative di “Italia Cup”, che presenta in Brasile una serie di eventi culturali nel corso dell’anno e durante il Campionato mondiale di calcio.
Quelli che seguono sono gli eventi più significativi del ricco programma. Evento d’apertura, il 24 maggio, è stato l’apprezzato concerto del singer Mario Biondi, con il suo mix di jazz e blues, al Teatro Guaira. Una giornata inaugurale arricchita da una fiera della gastronomia italiana e dall’opera comica “Gianni Schicchi” di Giacomo Puccini, diretta dal M° Alessandro Sangiorgi, con la scenografia di Julmar Leardini e con un cast di 40 musicisti e 15 cantanti. Gli appassionati di teatro possono godere lo spettacolo “Colonia Cecilia”, diretto da João Luiz Fiani al Teatro Fernanda Montenegro. L’umorismo sul palco si esprimerà con il comico italiano Gilbert Idonea, con una performance nell’auditorium del Museo Oscar Niemeyer. Un evento che unisce musica e comicità in uno spettacolo che vede la partecipazione della cantante Giovanna D’Angi. Le arti visive sono ampiamente rappresentate con una mostra italo-brasiliana con opere di Poty e Leila Pugnaloni. Tecniche e stili diversi in una esposizione allestita presso il Solar Do Rosario. E ancora una bella “Bicicletada”per le vie centrali della città, mentre in Cattedrale daranno concerti Cori italiani. Sempre in Cattedrale “Mia cara Curitiba” chiuderà domenica 1 ° giugno, con il concerto del pianista, compositore e direttore d’orchestra Carlo Alberto Neri con la Camerata Antiqua de Curitiba, nella Cappella di Santa Maria, con un repertorio assortito da brani di musica classica, con musiche da film e con partiture composte dal M° Neri.
Infine, ma non ultima per rilevanza, l’arte della Fotografia, celebrata con una grande mostra dal titolo “Italia Mon Amour” che dal 24 maggio si svilupperà fino al 30 giugno presso SESC Green Water, con le opere di cinque professionisti della nuova generazione italiana: Claudio di Francesco, Gabriele Menconi, Mongobì e il duo Simoncini -Tangi. La mostra è curata da Gaia Bindi. La curatrice, storica dell’arte, è nota per la sua capacità di rivelare nuovi talenti. Docente di Storia dell’Arte Contemporanea presso l’Accademia di Belle Arti di Carrara, ha operato nel Museo Picasso di Parigi ed è stata consulente presso il Centro per l’Arte Contemporanea Sperimentale nel Parco Arte Vivente di Torino. Cambiamenti nel paesaggio urbano, operazioni di blindaggio di edifici e la realtà nel dettaglio l’impatto visivo ed emotivo delle opere esposte. Gabriele Menconi ama lavorare con l’estraneità e il disorientamento reflex. Registra paesaggi con uno specchio, riflettendo l’altro lato dell’immagine che viene generalmente escluso dalla fotografia. Mongobì, nome d’arte di Bibbiana Mele, lavora con collage di fotografie. Scene e texture sono sovrapposti con immagini femminili, le forze alleate della natura come animali e altri elementi. La sua produzione si muove tra il caos giocoso di immagini suggestive. Simoncini -Tangi lavorano con dettagli in foto che sfruttano piccoli universi. Daniela Simoncini e Pasquale Tangi hanno conquistato una certa dimensione in Italia con il progetto “Microcambiamenti”, enucleando in immagine piccoli cambiamenti e reinterpretazioni.
Tra i cinque valenti artisti della macchina fotografica mi permetto di focalizzare in particolare Claudio Di Francesco, per la singolare sua testimonianza dall’Abruzzo e significativamente dalla sua capitale, L’Aquila, devastata dal terremoto del 6 aprile 2009. Di Francesco, con la specialissima sensibilità che gli è propria, affida alle immagini la narrazione della tragedia. Il taglio astratto delle sue foto in bianco e nero rivelano che l’astrazione è solo forma estetica ed espressiva, di contro ad un’essenza autentica della sua arte che intinge nel pathos, nel dolore di una città fiera di bellezza e dilaniata nel suo patrimonio d’arte e di architetture. Una città che grida il suo dolore per le sue 309 vittime ma impasta la determinazione della sua rinascita, per tornare più bella di prima, come più volte ha fatto, nei tragici eventi sismici che hanno contrappuntato i quasi otto secoli della sua storia. E’ sempre risorta. Questo il grido che lancinano le immagini di Claudio Di Francesco, nelle selezioni di due suoi lavori: “Tubi” e “La processione della Madonna d’Appari a Paganica”. Da una serie lacerti di ponteggi di messa in sicurezza a monumenti insigni dell’Aquila, dall’altra “fotogrammi” di una tradizione religiosa di grande richiamo, a Paganica, popoloso centro aquilano tra quelli che fanno corona alla città capoluogo d’Abruzzo, anch’esso massacrato dal terremoto.
Nelle immagini la Madonna d’Appari, con il Cristo morto sulle ginocchia, traspare da un velo l’immensa pietà. Appare come l’icona della sofferenza morale e materiale di una città e dei suoi abitanti. Ma evoca anche il simbolo d’una Fede forte, che affonda le radici in secoli di vicende umane sempre sopravvissute, come sarà d’altronde con la rinascita dalle rovine del terremoto del 2009. Claudio Di Francesco è nato nel 1955 a San Martino sulla Marrucina, in provincia di Chieti. Da molti anni vive a Paganica, la più popolosa frazione dell’Aquila, distesa alle falde del Gran Sasso d’Italia, con il cuore del centro storico posto sul vestibolo della Valleverde lungo la quale s’inerpica la via che porta verso la vetta dell’Appennino, fino a Campo Imperatore. Sociologo, già dirigente d’azienda, Claudio Di Francesco ha da sempre coltivato la passione per la fotografia d’arte, impegnando la sua sensibilità per le vicende umane, talvolta le più drammatiche e dolorose, con un sincero trasporto di condivisione. La sua attenzione d’artista spesso sofferma l’obiettivo ristretto al particolare, al dettaglio, talvolta più pertinente e descrittivo d’una narrazione a tutto campo.
Goffredo Palmerini
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