La Fibrillazione Atriale (F.A.) è l’anomalia del ritmo cardiaco più diffusa tra le persone adulte: interessa l’1.5% della popolazione U.S.A. e dell’Europa Occidentale. Il rischio di F.A. aumenta con l’età, con un range di prevalenza tra lo 0,9% ed il 2,5% degli adulti in tutto il mondo. Una persona su quattro, con più di 45 anni, ne soffre. In Italia, ne sono affette ben 850mila persone. Dati allarmanti che si riversano, in maniera esponenziale, sui costi a carico del Ssn: oltre 30mila euro è la spesa annua per paziente colpito da ictus, senza tralasciare non solo l’impatto epidemiologico, ma anche sociale. La parola d’ordine è dunque: prevenzione.
Per attuare un intervento efficace in materia, il 18 luglio 2014, il Senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri , con il contributo dell’Associazione “Giuseppe Dossetti: i Valori”, ha presentato un Disegno di Legge (atto n.1573), concernente: “Disposizioni in materia di malattie cardiovascolari per la prevenzione e la cura della fibrillazione atriale e dell’ictus cardioembolico”, assegnato alla 12 ª Commissione Igiene e Sanità, in sede referente il 25 novembre 2014.
Nel segno della continuità, l’Associazione Dossetti tornerà, il 10 dicembre 2014, in occasione del Convegno che si svolgerà alla Camera dei Deputati in sinergia con il Senatore Luigi D’Ambrosio Lettieri e in unione con altri stakeholders del panorama salute, ad avere un momento di confronto e di approfondimento sul tema, con l’obiettivo di proseguire un cammino di proposte normative contenenti disposizioni in materia di malattie cardiovascolari, finalizzate a dare compiuta attuazione al dettato costituzionale in tema di diritto alla salute. (Consulta il Programma).
«In Italia la fibrillazione atriale è la causa del 15% di tutti gli ictus cardioembolici che causano decessi, disabilità, e incrementano i costi sociali ed economici. Nello specifico si stima in 30mila euro il costo medio annuo per il paziente colpito da ictus», ha osservato Claudio Giustozzi, segretario nazionale dell’Associazione “Giuseppe Dossetti: I Valori”.«Grazie alle nuove terapie – prosegue Giustozzi – invece, ogni anno si potrebbero evitare 11mila ictus con un risparmio di circa 230 milioni di euro per il Ssn».
Antonio Raviele, presidente di Alfa: «Ritengo che il Ddl rispecchi in pieno la necessità di far conoscere l’importanza epidemiologica e i rischi connessi alla F.A. Nonché l’urgenza di un accesso facilitato ai mezzi diagnostici e terapeutici oggi disponibili». Come ad esempio i «nuovi anticoagulanti orali e l’ablazione transcatetere della F.A; in grado di ridurre, notevolmente, l’impatto clinico, economico e sociale che tale patologia comporta».
Gli fa eco Gaetano De Donato, ospedale S. Giovanni Bosco di Napoli, secondo il quale: «Il Ddl per la Prevenzione dell’Ictus Cerebrale Ischemico è assolutamente necessario ed indispensabile». Si tratta, infatti, di una grave patologia non curabile,«poiché la morte di un gruppo, più o meno numeroso di cellule cerebrali, conduce alla perdita irreversibile della funzione esercitata dalla parte del cervello andata perduta». Pertanto, bisogna puntare a sistemi di prevenzione mirati e strategici. «L’ictus si deve assolutamente prevenire. Perciò il Ddl è veramente meritorio, e direi indispensabile».
Parere favorevole anche per Emanuela Teresa Locati, cardiologa presso l’Azienda ospedaliera Niguarda Ca’ Granda di Milano: «Mi sembra molto positivo che il Ddl in questione sia stato avviato ed abbia recepito l’importanza clinica e sociale della F.A, data la sua diffusione e la gravità delle sue conseguenze».Uno degli aspetti più importanti «è la previsione di incentivare l’uso di dispositivi (diagnostici e terapeutici) per la cura e la prevenzione della F.A. Difatti, uno dei problemi di più difficile soluzione è proprio la diagnosi precoce della F.A, in quanto si calcola che, fino al 70% degli episodi siano asintomatici, pertanto la diagnosi tende ad essere effettuata tardivamente, spesso solo dopo un episodio di ictus ischemico cerebrale».
Raffaele De Caterina, docente all’Università Gabriele D’Annunzio di Chieti: «Condivido appieno il principio di favorire la diffusione dei Nao. Ma ritengo altresì necessario lavorare per ridurre la discrezionalità delle Regioni nel favorire o meno questi farmaci».
«Siamo costretti a intraprendere questa strada dal momento che, purtroppo, la sanità in Italia è regionalizzata, con differenze che non sono accettabili, soprattutto per patologie croniche ad alto impatto epidemiologico come la fibrillazione atriale e l’ictus cardioembolico», sottolinea Francesco Fedele, dell’Università La Sapienza di Roma. «Relativamente alla remunerazione delle nuove tecnologie sanitarie», aggiunge Marino Nonis, direttore sanitario Ospedale Cristo Re di Roma e presidente Cidics in sanità: «E’ importante che il sistema riconosca l’innovazione. E, in un secondo momento, occorre ritornare alle schede di dimissione ospedaliere e, quindi, ai dati relativi alle singole diagnosi e procedure». Basti pensare, ha sottolineato in ultima analisi Nonis che: «I Drg sono 538. I dispositivi medici e i trattamenti sanitari sono migliaia; mentre i ricoveri sono 10 milioni all’anno».
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