Esattamente quattro anni fa, l’11 marzo 2011, il disastro nucleare di Fukushima che si verificò in seguito al maremoto e allo tsunami, con la fusione dei noccioli di tre reattori della centrale. L’incidente, come Greenpeace valutò per prima, venne classificato dall’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica) al grado 7, il massimo grado della scala, prima raggiunto solo dal disastro di Cernobyl. Dal monitoraggio della radioattività svolto da Greenpeace risulta che il 59 per cento dei campioni presi in aree ufficialmente “decontaminate” era ancora oltre la soglia, con i livelli più alti rilevati lontano dalle strade. Il lavoro di decontaminazione è servito in sostanza solamente a “spostare” il problema, ma non a liberarsene. Attualmente 120 mila persone non hanno ancora fatto ritorno nelle loro case e il processo di decontaminazione sembra non conoscere fine. Le colline, le montagne e le foreste della Prefettura di Fukushima sono fortemente contaminate. Il risultato è che il materiale radioattivo viene dilavato attraverso i corsi d’acqua e raggiunge anche aree precedentemente decontaminate, ricontaminandole. Ecco i dati dei rilevamenti (i campioni che superano gli 0,23 uSv/h eccedono gli obiettivi di sicurezza del governo giapponese)
Fukushima, decontaminazione infinita: 120mila persone ancora fuori casa e
Esattamente quattro anni fa, l’11 marzo 2011, il disastro nucleare di Fukushima che si verificò in seguito al maremoto e allo tsunami, con la fusione dei noccioli di tre reattori della centrale. L’incidente, come Greenpeace valutò per prima, venne classificato dall’AIEA (Agenzia internazionale per l’energia atomica) al grado 7, il massimo grado della scala, prima […]
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