Da tempo, la nazione che copre la metà orientale della grande isola che fa da cardine tra Asia e Oceania sta diventando meta di un traffico di esseri umani, estensione di più vaste e radicate attività di contrabbando che approfittano dell’isolamento del territorio e della difficoltà di controllo da parte delle autorità.
Anche per questo l’Organizzazione mondiale delle Migrazioni (Iom) il cooperazione con l’Agenzia canadese per il controllo delle frontiere e con un finanziamento del governo di Ottawa, ha inviato la settimana scorsa una missione nella provincia di Sepik occidentale, al confine con l’indonesiana Papua occidentale, per studiare la situazione del traffico di esseri umani. Un traffico che è in parte locale, gestione di una immigrazione illegale tra le aree orientali e occidentali della Nuova Guinea, in parte colleato con il tentativo di raggiungere via mare le coste australiane che da anni coinvolge migliaia di disperati in maggioranza provenienti da aeree di conflitto nordafricane e mediorientali, ma anche da Afghanistan, Pakistan e Sri Lanka, gestito da trafficanti trans-nazionali.
Durante i cinque giorni della missione, i partecipanti hanno raccolto dati sui tutti gli aspetti del traffico, inclusi il movimento illegale di persone e di beni, le rotte della tratta, i sistemi di sorveglianza e dissuasione, la gestione dei confini. I risultati andranno a confluire in un rapporto destinato al governo di Port Moresby.
“Abbiamo riscontrato una forte coscienza del problema tra le comunità di villaggio, nell’amministrazione provinciale e nell’agenzia governativa che si occupa delle problematiche al centro della nostra ricerca – ha confermato lo specialista dell’Iom Greg Mills -. Il coordinamento con le popolazioni locali e sarà cruciale per trovare soluzione adeguate”.
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