Quello che si è appena concluso è stato un martedì da incubo per l’economia asiatica, con il crollo repentino di tutte le borse e un clima di totale panico che si è respirato praticamente per tutto il giorno. Il 50% dei titoli azionari quotati sulla borsa di Shanghai e su quella di Hong Kong sono stati sospesi per eccesso di ribasso, causando ai due indici generali un calo, rispettivamente, di 5,91 e 6,6 punti. Questo nonostante la commissione di Pechino, che si occupa del controllo di 112 colossi imprenditoriali di proprietà statale, abbia ordinato lo stop della vendita azionaria, di azioni proprie e delle controllate, durante il perdurare di quello che è stato definito come un momento di “inusuale volatilità”.
Nonostante la sospensione dalla contrattazione di oltre 1.200 titoli, in apertura Shanghai e Hong Kong hanno perso circa l’8%. Il crollo apparentemente inarrestabile della borsa cinese, iniziato lo scorso 12 giugno, finora ha abbassato di circa il 30% il valore del listino: risultato di un forte sgonfiamento di una bolla speculativa che secondo le autorità cinesi che regolano il mercato borsistico (China Securities Regulatory Commission) ha portato al “panico”. La Banca Centrale cinese ha comunque annunciato che garantirà la liquidità necessaria per stabilizzare i mercati borsistici cinesi e per scongiurare rischi sistemici.
La bufera non risparmi la borsa Tokyo, dove l’indice Nikkei chiude in perdita del 3,14% a 19.737,64 punti , ai minimi da sette settimane. Si salva parzialmente Seoul, che cede appena l’1,18%.
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