L’Iran rinuncerà alle armi nucleari per diversi anni e l’Occidente sospenderà le sanzioni economiche verso il Paese mediorientale. In seguito all’accordo raggiunto in settimana, l’Iran potrà esportare liberamente il petrolio. Il prezzo dell’oro nero ha reagito alla notizia scendendo e non è detto che il calo sia finito qui. Scopri cosa ti conviene fare con i titoli Chevron, British Petroleum, Encana e ConocoPhilips.
Subito dopo la notizia dell’accordo sull’Iran i prezzi del petrolio sono scesi di circa il 2% (oggi siamo intorno ai 51 dollari al barile per il petrolio di qualità Wti e sui 58 dollari al barile per quello di qualità brent). Sembra poco, ma va sommato ai ribassi delle settimane scorse – è da un po’ che l’accordo è nell’aria: da inizio maggio il calo è di circa il 15%. Il mercato teme che senza le sanzioni l’Iran possa ulteriormente aumentare la sua produzione petrolifera, andando così a aggravare lo squilibrio tra domanda e offerta che è all’origine della debolezza dei prezzi del greggio. A livello globale, la produzione di petrolio resta, infatti, elevata: l’Arabia Saudita, per esempio, sta pompando a livelli mai visti e negli Usa, per la prima volta nel 2015, il numero di trivelle attive è salito invece che scendere. In questo quadro si teme anche per la tenuta della domanda: il rallentamento economico cinese potrebbe essere superiore alle attese – Pechino traina la domanda di energia a livello mondiale. Teheran ha poi già “in magazzino” pronti da vendere circa 40 milioni di barili di greggio. Non è tanto – a livello mondiale se ne produce più del doppio in un solo giorno – ma questo potrebbe contribuire a una debolezza del prezzo del petrolio nei prossimi mesi (le sanzioni non saranno tolte subito). Per il lungo periodo, però, siamo più ottimisti: stimiamo un prezzo intorno agli 80 dollari al barile nel 2018, e questo per tre motivi. Primo: la paura di un aumento della produzione in Iran è eccessiva. Perché avvenga sono necessari grandi investimenti, difficili (perché poco profittevoli) con il petrolio a questi prezzi. Non per nulla le grandi compagnie petrolifere hanno tagliato progetti per 200 miliardi di dollari solo nel 2015. Questi tagli, ed è questo il secondo motivo, prima o poi faranno calare l’offerta di petrolio. Terzo: agli attuali prezzi, il bilancio di diversi Paesi che vivono esportando greggio non sta in piedi. Prima o poi anche le loro trivelle dovranno fermarsi.
COSA FARE E COMPRARE
Punta sul settore con le grandi compagnie petrolifere attive in tutto il mondo e diversificate – i guadagni delle attività di raffinazione nei mesi scorsi hanno aiutato a compensare i minori introiti delle tradizionali attività di produzione petrolifera. Non per nulla, i titoli di queste compagnie hanno perso molto meno terreno del petrolio. Sono l’ideale per puntare su una futura ripresa del greggio e per affrontare con relativa serenità i rischi di possibili ulteriori ribassi dei prezzi a breve. Abbiamo individuato per te 4 titoli:
BP (422 pence; Isin GB0007980591),
Chevron (94,48 euro; Isin US1667641005), ConocoPhillips (57,95 euro; Isin US20825C1045) e
Repsol (16,93 euro; Isin ES0173516115). Sono tutti convenienti e buoni anche per un buon padre di famiglia. Se ne devi scegliere uno solo, scegli Chevron. Gli indicatori di convenienza non sono in assoluto i migliori, ma la storica presenza in Paesi dove estrarre greggio costa poco e le buone prospettive di crescita, date anche dal basso livello di indebitamento, ce lo fanno preferire rispetto a altri.
4 titoli petroliferi: spunti di valutazione
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Titolo
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Rendimento annuo lordo da dividendo atteso
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Rapporto prezzo/valore contabile atteso
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Rapporto debito netto e utile industriale atteso
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BP
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6%
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1
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0,97
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Chevron
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4,7%
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1,1
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0,85
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ConocoPhillips
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5%
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1,5
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1,75
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Respol
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5,7%
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0,9
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1,45
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Non per nulla negli ultimi mesi Chevron si è comportato anche meglio del suo settore (vedi grafico). Se vuoi diversificare su più titoli, ma non disponi di un grande capitale per acquistare i 4 che ti indichiamo, scegli l’Etf
Amundi msci world energy (277,24 euro; Isin FR0010791145) quotato a Piazza Affari: compri oltre 100 società del settore in un colpo solo. Chevron è inclusa, ma sono incluse anche alcune società un po’ più piccole che potrebbero soffrire con il petrolio su prezzi bassi. Ricorda che si tratta di investimenti di lungo periodo. Se vuoi il “qui e subito” non fanno per te né Chevron, né le altre azioni consigliate, né l’Etf.
CHEVRON NELLA BUFERA DEL PETROLIO
Nell’ultimo anno il prezzo del petrolio ha perso in euro circa il 30%. Le grandi compagnie petrolifere, che possono tagliare gli investimenti, hanno, invece, ceduto solo il 10% . Ancor meno negativo il bilancio di Chevron che produce in zone dove l’estrazione del greggio costa poco.
COSA NON FARE E NON COMPRARE
Non fare speculazioni di breve periodo. Non farti, quindi, tentare da certificate o Etf che puntano direttamente sulle oscillazioni del greggio. In particolare stai alla larga da prodotti che prevedono una leva, che moltiplicano i movimenti del petrolio. Se quest’ultimo comincia a fare tanti su e giù, con qualsiasi prodotto a leva le perdite sono praticamente certe. Il rischio di farsi male è troppo elevato. Evita inoltre nuove speculazioni su
Saipem (8,64 euro), anche se da quando abbiamo chiuso la prima scommessa a maggio (vedi
Altroconsumo Finanza n° 1126) il titolo ha perso circa il 30%. I lavori recentemente cancellati e il rischio di un aumento di capitale ci invitano alla prudenza.
CHE FARE CON ION E ENCANA?
Sia
Ion Geophysical (1,01 Usd; Isin US4620441083), sia Encana (9,5 Usd; Isin CA2925051047) sono due azioni molto influenzate dal prezzo del petrolio. La prima perché offre servizi all’industria petrolifera – quindi se il prezzo del petrolio è basso, le compagnie petrolifere non investono e Ion ha poco lavoro. La seconda perché è impegnata nella ricerca di gas e petrolio “alternativo” (il cosiddetto shale oil e shale gas) che richiede alti prezzi del greggio per essere profittevole. Per entrambe le società ci aspettiamo bilanci in rosso alla fine del 2015. Le cose, però, in futuro con la ripresa del greggio dovrebbero andare meglio. Sono due titoli convenienti, ma più rischiosi, soprattutto a breve, dei quattro che abbiamo consigliato nel paragrafo Cosa fare e comprare. Tienili o acquistali solo se sei conscio di questi rischi e sei conscio che per vedere il ritorno del tuo investimento ci potrebbe volere un po’ di tempo.
E LA RUSSIA?
L’economia russa dipende molto dalle esportazioni energetiche, quindi prezzi del petrolio bassi non sono un bene per le finanze pubbliche. Solo nel 2017, secondo noi, la Russia potrà tornare a crescere. La Borsa russa – e il rublo – sono andati molto bene nei primi mesi dell’anno, con il prezzo del petrolio in salita, ma si sono un po’ sgonfiati – più il rublo della Borsa – nelle scorse settimane. La Borsa russa continua a essere interessante, ma solo per un 5% del tuo portafoglio e solo se il tuo orizzonte d’investimento è di almeno 10 anni (se il tuo profilo di rischio è difensivo e investi a 10 anni non avere Borsa russa in portafoglio). Il miglior prodotto per puntare oggi sulla Russia difendendosi da possibili ribassi di breve è il fondo
Dws Russia (169,63 euro; Isin LU0146864797) che compri su Fundstore e Onlinesim, le principali vetrine online di fondi. Il gestore del fondo è prudente e tiene sempre po’ di liquidità in portafoglio: non per nulla negli ultimi mesi ha dimostrato di sapersi comportare meglio della Borsa proprio nelle fasi di difficoltà di quest’ultima (anche se come ovvia contropartita ha guadagnato un po’ meno nei momenti di rialzo di Borsa). (Altroconsumo Finanza)
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