“Vasta eco ha avuto il rifiuto opposto al Fbi statunitense, da parte di Apple, di forzare il sofisticatissimo sistema di sicurezza di un iPhone, sequestrato dalla polizia a uno dei due responsabili della strage avvenuta, lo scorso mese di dicembre, in un centro sociale per disabili a San Bernardino, in California (rifiuto confermato anche di fronte a un’ordinanza di un giudice federale di Los Angeles che obbligava Apple alla collaborazione richiesta). Secondo la casa produttrice, non sarebbe possibile tecnicamente creare quanto occorre al Fbi senza consegnare al Governo degli Stati Uniti un passepartout in grado di violare la privacy della generalità degli smartphone prodotti, calpestando così non soltanto i principi di Apple, ma più in generale il diritto alla riservatezza, come ricavato dalla Costituzione federale”. Lo scrive Renato Balduzzi, membro del Consiglio Superiore della Magistratura sulla sua rubrica Pane e Giustizia pubblicata oggi dal quotidiano Avvenire.
“Un primo profilo di interesse concerne la base giuridica dell’ordinanza di Los Angeles (è una questione di stretto diritto costituzionale nordamericano e, in questa sede, non ce ne occuperemo). Un secondo tocca – scrive Balduzzi- il rapporto tra tecnica e decisione politica. Chi è in grado, all’infuori degli ingegneri di Apple, di stabilire se la tesi della società produttrice circa l’impossibilità di forzare il sistema di protezione, senza mettere a rischio la riservatezza di tutti, sia tecnicamente fondata?” “Connesso a questo, c’è un ulteriore profilo, di rilievo anche per noi: l’impotenza o, almeno, la debolezza dell’autorità competente a fare valere le esigenze di pubblico interesse, a fronte di una multinazionale privata. In settori dove , nonostante il loro rilievo strategico, la presenza della mano pubblica è, per molteplici ragioni, assai modesta, Apple- commenta Renato Balduzzi – fa valere un rapporto contrattuale ed etico con i suoi clienti che tende ad opporre privacy e sicurezza collettiva. Pur avendo, nel caso concreto, la polizia federale ammesso il proprio errore per avere maldestramente impedito il recupero dei dati, la questione di fondo resta: è saggio contrapporre privacy e sicurezza, figlie di una medesima madre, che è poi all’origine stessa del patto sociale e costituzionale? “La libertà più tutelata dalla nostra Costituzione è, per comune sentire, quella di corrispondenza e di comunicazione, in quanto ogni sua limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria e con le garanzie stabilite dalla legge. Come tutte le libertà, – conclude Balduzzi – va bilanciata con altre libertà e princìpi. Ma il legislatore non può demandare questo bilanciamento al solo magistrato
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