Se volessimo sintetizzarlo in due parole, il documentario The Armor of Light potrebbe essere riassunto così: Disney sfida gli evangelici e il loro amore per le armi.
In questo caso, il cognome Disney non si riferisce all’impero dell’intrattenimento per ragazzi ma ad Abigail Disney, regista indipendente e nipote di Walt Disney. Ma lo scopo della liberale Miss Disney, 55 anni, non è esattamente quello di bisticciare con i conservatori religiosi, o coi membri della National Rifle Association. The Armor of Light prova ad evitare giudizi affrettati, cercando di innescare il cambiamento tramite la seguente domanda: “Come si può essere allo stesso tempo pro-life e a favore delle armi?”
The Armor of Light si concentra sul Reverendo Rob Schenck, attivista anti-abortista e autentica istituzione dell’estrema destra americana, e sul suo rapporto con Lucy McBath, donna di fede cristiana e sostenitrice dei diritti delle donne in materia d’aborto il cui figlio, il diciassettenne Jordan Davis, è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco nel 2012.
The Armor of Light rappresenta il debutto della Disney dietro la macchina da presa: in veste di produttrice, invece, ha partecipato alla realizzazione, tra gli altri, di Pray the Devil Back to Hell, riguardante l’alleanza delle donne musulmane e cristiane per la pace in Liberia. “Non potevo più aspettare – afferma – sentivo l’esigenza di parlare del controllo delle armi in America.”
Lo scorso anno, la Disney ha sollevato un polverone mediatico quando ha scritto su Facebook che lo zio Walt era in realtà un misogino e un razzista: affermazione che alcuni storici e membri di famiglia smentiscono categoricamente. Di seguito un estratto dell’intervista.
Cosa l’ha spinta a scegliere il controllo delle armi come argomento del suo debutto alla regia?
Volevo aggiungere una prospettiva razionale alla disputa tra le due fazioni, di modo da comprendere il ruolo di fattori come la morale e i valori di ciascuno di noi in questo dibattito.
Molti evangelici si sono rifiutati di parlarle. Come mai?
In generale la loro reazione era: “Non ci avevo mai pensato prima d’ora, ma hai assolutamente ragione. Essere pro-life e a favore delle armi è una contraddizione. Ma se lo dicessi pubblicamente, mi distruggerebbero”.
Perché con il Reverendo Schleck è stato diverso?
Il signor Schleck è stato veramente meraviglioso. Mi diceva: “Te lo giuro, ci sto provando in tutti i modi a non rispondere. Ma non ci riesco”.
Ha mostrato il film in varie chiese evangeliche e college cristiani. Qual è stata la reazione?
Quello che mi piace ricordare è la risposta delle donne che hanno visto il documentario. Ricordo per esempio una, il cui marito era fortemente contrario al messaggio del film. Ho chiesto a sua moglie cosa ne pensasse: lei inizialmente era sorpresa che volessi la sua opinione, poi è scoppiata a piangere. Quando si è ripresa, ha detto: “Le armi sono ormai fuori controllo, bisogna fare qualcosa”. Ci sono tante donne che la pensano così, ma sentono di non avere alcun diritto di esprimere la propria opinione. Spero che questo film le spinga a parlare.
Sembra che le piaccia far rumore. Mi riferisco ai suoi commenti pubblici riguardo suo zio Walt.
In verità non ho fatto alcun commento pubblico: era nella mia pagina privata di Facebook, ma capisco come questo possa suonare come voler evitare l’argomento. Mi pento di quello che ho scritto: ora tutta la mia famiglia è contro di me. Non capisco però il motivo per cui debba essere visto come un santo. Tutti gli eroi hanno piedi d’argilla. È questo che li rende umani, ed è questo da cui dobbiamo trarre insegnamento. La cosa più importante è che tutti noi ci facciamo un esame di coscienza e ci chiediamo: “Sto contribuendo e favorendo un problema presente nella nostra società perché è troppo difficile prendere posizione e dire qualcosa?”
Lascia un commento