Nel 2016 il Pil crescerà dell’1,1%, in misura quindi maggiore rispetto al 2015 (+0,8%). Lo certifica l’Istat nelle “prospettive per l’economia italiana nel 2016”. In particolare, si legge nel rapporto, la stima preliminare del Pil per il primo trimestre 2016 (+0,3%) “ha confermato, seppure con intensità moderata, il proseguimento della fase espansiva dell’economia italiana avviatasi agli inizi dell’anno precedente. Alcuni dei fattori a supporto della crescita quali il basso livello dei prezzi dell’energia, la riduzione dei tassi di interesse e il graduale miglioramento della fiducia tra gli operatori sono attesi produrre i loro effetti anche nell’anno corrente”. Anche i consumi sono previsti in crescita: la spesa delle famiglie, sostiene l’Istat, è stimata in aumento dell’1,4% alimentata dall’incremento del reddito disponibile e dal miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro.
In particolare per quanto riguarda il Pil, l’Istat spiega che le prospettive di breve termine suggeriscono una prosecuzione della ripresa dei ritmi produttivi, con un rafforzamento atteso nel secondo semestre; in media d’anno l’aumento del Pil è previsto accelerare rispetto alla dinamica del 2015 (+1,1%). La domanda interna al netto delle variazioni delle scorte dovrebbe contribuire positivamente per 1,3 punti percentuali, supportata dalla crescita dei consumi privati. La domanda estera fornirebbe un contributo negativo per un decimo di punto percentuale, in miglioramento rispetto alla dinamica dell’anno precedente. Anche per le scorte è atteso un apporto negativo alla crescita del prodotto pari a un decimo di punto percentuale. Notizie positive anche sul fronte degli investimenti la cui ripresa ha concluso una lunga e profonda fase di contrazione iniziata nel 2008. Al recente progresso ha contribuito in misura determinante la componente dei mezzi di trasporto mentre sia i macchinari e attrezzature sia le costruzioni hanno manifestato primi segnali di recupero. In un contesto di politica monetaria fortemente accomodante e di un miglioramento delle condizioni di accesso al credito delle imprese, il graduale rafforzamento della ripresa economica e i provvedimenti di politica fiscale a livello europeo e nazionale costituiranno i principali elementi di stimolo al processo di accumulazione del capitale. Nel corso del 2016, si prevede una progressiva accelerazione della crescita degli investimenti (+2,7%) trainata principalmente dalla componente delle macchine e attrezzature cui si accompagnerà la graduale ripresa del ciclo delle costruzioni. Rallenta invece il commercio estero. Nel 2015, il volume delle vendite all’estero di beni e servizi ha registrato un incremento, sostenuto dal marcato deprezzamento dell’euro nei confronti del dollaro. Nell’anno in corso tale tendenza è prevista in attenuazione in corrispondenza del rallentamento del commercio mondiale. Nel 2016, le esportazioni di beni e servizi aumenteranno dell’1,7%, rimanendo tuttavia al di sotto della crescita della domanda potenziale di prodotti italiani. Le importazioni complessive continueranno a registrare una dinamica più vivace (+2,4%), seppur in marcato rallentamento rispetto all’incremento registrato lo scorso anno. La progressiva ripresa della domanda interna e in particolare degli investimenti favorirà un’accelerazione delle importazioni nel secondo semestre dell’anno. Nel 2016, l’evoluzione positiva delle ragioni di scambio, favorite da una riduzione dei prezzi alle importazioni, in particolare degli energetici, maggiore di quelli all’esportazione, favorirà il consolidamento dell’avanzo della bilancia commerciale, previsto pari al 3,6% del Pil.
Nel 2016, l’occupazione, espressa in termini di unità di lavoro, è stimata in aumento (+0,8% rispetto al 2015) sostenuta dalla crescita dell’attività economica. L’incremento dell’occupazione è atteso beneficiare in parte degli sgravi contributivi per le nuove assunzioni, la cui intensità si è significativamente ridotta nell’anno corrente. Secondo l’Istat il tasso di disoccupazione è previsto diminuire nei prossimi mesi attestandosi all’11,3% in media d’anno, per effetto della diminuzione delle persone in cerca di occupazione e in assenza di rilevanti mutamenti nei comportamenti finora osservati tra gli inattivi vicini al mercato del lavoro. Le retribuzioni per dipendente registrerebbero una dinamica moderata, in linea con quella delle retribuzioni contrattuali (+0,8% nel 2016). La produttività del lavoro dovrebbe tornare su tassi di crescita positivi, mentre il costo del lavoro per unità di prodotto è stimato in lieve diminuzione. E per quanto riguarda i prezzi, dal prossimo autunno si verificherà un’inversione di tendenza. Non si parlerà più di deflazione, ma l’inflazione tornerà seppur di poco a crescere. L’Istat spiega che attualmente “la dinamica dei prezzi non dovrebbe discostarsi da quella attuale fino ai mesi estivi; dall’autunno si concretizzerebbe una inversione di tendenza, che riporterebbe il tasso tendenziale su valori più sostenuti verso la fine dell’anno, anche se ancora inferiori all’1%”. “Il maggiore contributo al contenimento dell’inflazione si prevede ancora dipendente dalla componente estera dei costi, con i prezzi dei prodotti energetici che registrerebbero una variazione negativa della media annua anche nel 2016. L’evoluzione moderata della dinamica salariale e dei costi di produzione nel loro complesso fornirebbero un apporto inflazionistico limitato per i prezzi delle principali componenti di fondo” spiegano i ricercatori aggiungendo che “nella media del 2016 il tasso di crescita del deflatore della spesa delle famiglie è stimato appena superiore allo zero per il terzo anno consecutivo (+0,2%). Il deflatore del Pil, riflettendo l’origine prevalentemente esterna delle spinte al ribasso sui prezzi, dovrebbe segnare un incremento annuo più sostenuto (+0,8%)”. L’attuale scenario previsivo, precisa allo stesso tempo l’Istat, “incorpora un’ipotesi di lieve apprezzamento dell’euro e una stabilizzazione del prezzo del petrolio nella seconda metà dell’anno in corso. Si assume inoltre che l’andamento del commercio mondiale risulti più vivace di quello dell’anno precedente. Un andamento meno favorevole dell’economia statunitense e un rallentamento più marcato di quella cinese potrebbero comportare delle revisioni al ribasso del contributo estero alla crescita”.
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