Il mare Mediterraneo, una delle aree più ricche di biodiversità al mondo, risulta essere tra le sei zone di maggior accumulo di rifiuti galleggianti del Pianeta con evidenti rischi per l’ambiente, la salute e l’economia. Allo stesso tempo, a causa dei cambiamenti climatici in atto, della frammentazione e della distruzione degli habitat e dell’esponenziale aumento del bracconaggio e dei crimini di natura si rischia la sesta estinzione di massa, la prima estinzione causata da una singola specie, l’uomo.
Sono gli allarmi lanciati da Legambiente e Wwf in occasione delle giornata mondiale dell’ambiente.
I nuovi dati di ‘Clean Up the Med’, la più grande campagna di volontariato lungo le coste del Mediterraneo, coordinata da Legambiente, che comprende anche un monitoraggio scientifico sul ‘beach litter’ realizzato su 105 spiagge di 8 Paesi mediterranei (Italia, Algeria, Croazia, Francia, Grecia, Spagna, Tunisia, Turchia) tra il 2014 e il 2017, l’82% dei rifiuti spiaggiati trovati sugli arenili è di plastica; il 64% è materiale usa e getta. La cattiva gestione dei rifiuti urbani e la mancata prevenzione sono la causa del 54% dei rifiuti spiaggiati. Per questo Legambiente lancia un appello: “il Mar Mediterraneo è gravemente minacciato dal marine litter che registra concentrazioni tra le più elevate a livello globale – ha spiegato Stefano Ciafani, direttore generale Legambiente -. Per questo è urgente che tutti i Paesi mediterranei intervengano in maniera comune per ridurre il problema del marine litter, dalla prevenzione alla ricerca scientifica, adottando anche misure drastiche come la messa al bando dei prodotti più inquinanti come i sacchetti di plastica non biodegradabili e compostabili, come già fatto da Italia, Francia e Marocco”. Una delle misure preventive da mettere in campo, sottolineata anche dall’Unep (l’agenzia dell’Onu per la protezione dell’ambiente) è sicuramente quella del bando dei prodotti più inquinanti, come i sacchetti di plastica non compostabili e i prodotti usa e getta facilmente sostituibili da materiali più innovativi e meno impattanti. La parola chiave è però cooperazione tra i Paesi, le istituzioni, le associazioni non governative, gli enti di ricerca, gli stakeholder economici e produttivi. La necessità di cooperazione rispetto a questo problema è anche alla base dell’accordo della Convenzione di Barcellona che vede protagonisti i Paesi del Mediterraneo e l’Unione Europea.
Accanto all’inquinamento marittimo c’è la preoccupazione del Wwf per il rischio estinzione di alcune specie animali: il Lupo della Tasmania, lo Stambecco dei Pirenei, la Tigre del Caspio, il Rinoceronte nero dell’Africa occidentale, il Leopardo di Zanzibar, sono scomparsi recentemente, altri rischiano di scomparire in una manciata di anni. Secondo il Wwf, dal 1970 al 2012, si è perso il 58% della ricchezza della vita sulla Terra per quanto riguarda la fauna dei vertebrati (mammiferi, uccelli, rettili, anfibi e pesci). In poco più di 10 anni è scomparso in Africa quasi il 70% degli elefanti di foresta. Solo nel Mediterraneo più del 50% degli squali sono a rischio estinzione, per non parlare di specie simboliche come la Vaquita, una piccola focena del Messico, di cui restano non più di 30 esemplari o la Balena franca Nord Atlantica, vicinissima all’estinzione e di cui sopravvivono non più di 350 individui nell’Atlantico settentrionale. Per non parlare dell’Orso marsicano, sui nostri Appennini (non ne sopravvivono più di 50), del Leopardo dell’Amur, straordinario felino confinato nelle foreste tra Cina e Russia, degli ultimi 40 Rinoceronti di Giava o dei Gorilla di Cross River che stiamo cancellando dalle foreste del Bacino del Congo.
L’estinzione di animali unici nella sottolinea in modo drammatico l’incapacità del genere umano di intervenire con determinazione su emergenze planetarie paradossalmente da noi stesse scatenate, quali quella dei cambiamenti climatici in atto. Abbiamo perso la diversità delle tigri, dei rinoceronti, degli elefanti, degli anfibi, delle grandi scimmie, dei mammiferi marini: la nostra azione ha amplificato forse anche di 1000 volte quello che è il normale tasso di estinzione delle specie sulla Terra.
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